Sextortion, la truffa del ricatto sessuale sul Web: come difendersi

La sextortion è una truffa online utilizzata dai criminal hacker per estorcere denaro alle proprie vittime mediante ricatti sessuali effettuati sui social network o attraverso finte e-mail minatorie. Vediamo come riconoscere la trappola ed evitare di cascarci.

La parola “Sextortion” è un neologismo inglese nato dalla crasi tra sex ed extortion, sesso ed estorsione. In pratica, serve ad indicare un ricatto sessuale realizzato attraverso il web. La Sextortion è in Italia un reato in crescita esponenziale, le cui vittime sono prevalentemente persone di sesso maschile (nel 2017 gli uomini sono stati il 92%) di ogni età ed estrazione sociale.

A partire dal 2013 si è registrata una media di circa tre casi al giorno, con un aumento delle denunce di oltre il 500% nei tre anni successivi. La Polizia Postale e delle Comunicazioni ha dedicato a questo fenomeno un pool investigativo ad hoc sin dal 2015.

Le denunce sono aumentate dalle 225 del 2013 a 1.190 nel 2014 e poi 1.288 del 2015, per arrivare a 1.324 del 2016.

La provincia di Bologna nel 2016 è stata quella nella quale è stato presentato il maggior numero di denunce (146); seguita da Milano (140) e Roma (136). Nel 2017 si è registrata una prima flessione, con 1.041 casi.

Sono numeri preoccupanti, soprattutto se pensiamo che potrebbero essere moltiplicati di 10 volte se è vero, come ritiene la Polizia Postale, che solo il 10% delle vittime presenta denuncia, per timore di uno scandalo o per vergogna.

Sextortion: come si manifesta

La tecnica è abbastanza semplice (ma evidentemente efficace): la vittima viene contattata via Facebook (o su altri social media) da una persona che crea un profilo falso con foto di donne avvenenti o (più raramente) uomini. Ultimamente ho registrato anche casi di contatto attraverso Instagram.

Dopo che tra la vittima e l’adescatrice si è instaurato un rapporto confidenziale, quest’ultima proporrà di spostare la conversazione su Skype, o su qualsiasi altra applicazione di videochat. Per esempio Google Meet, oggi molto nota ed usata, in epoca di smart working e lockdown. 

La “donna” inizia a  spogliarsi (in realtà si tratta quasi sempre di filmati registrati)  e chiederà  al suo interlocutore di fare lo stesso, ovviamente davanti alla webcam, con lo scopo di ottenere foto e video osé della vittima da ricattare. Sembra incredibile, ma molti ci cascano!

A questo punto − raggiunto lo scopo − la scena cambia: la donna sparisce e al suo posto compare una richiesta di riscatto, via Money Transfer e sempre più spesso anche in Bitcoin.   Nel caso di richiesta in Bitcoin è ovviamente impossibile individuare il percorso del denaro, mentre se viene usato Money Transfer, abbiamo riscontrato spesso come destinazione paesi africani (Costa d’Avorio, Nigeria, ecc.).

E la richiesta di riscatto viene resa più forte con la minaccia di pubblicare le immagini compromettenti sul social network. E si tratta di una minaccia reale, perché la vittima ha concesso l’amicizia all’adescatore, quindi questo ora conosce la lista di tutti i suoi contatti.

Le vittime vengono scelte in base alla loro situazione familiare e alla carica che ricoprono (per esempio un uomo sposato con figli o un professionista sono tra le vittime preferite). Questo persone risultano più ricattabili, quindi probabilmente offriranno ai cyber criminali una maggiore “garanzia” per il pagamento del riscatto, senza denunciare l’accaduto per nascondere le foto e i video.

Sextortion: come evitare di cadere nella truffa

Questi profili fasulli (di cui qui riportiamo un esempio) hanno alcune caratteristiche che dovrebbero destare subito qualche sospetto: in genere sono praticamente “vuoti”, scorrendoli non si trova una storia, né post precedenti. C’è la foto di una bella ragazza, che si presenta come “Single” e poco più.
Molto spesso sono profili gestiti non da persone, ma da “bot” (chatbot) in grado di intavolare una banale discussione in chat, ma che falliscono nel rispondere a domande complesse e in genere si esprimono per frasi fatte: “ok”, “mi chiamo Chantal”, “vivo a Marsiglia”, “faccio la fioraia”, “ho voglia di sesso” eccetera. 
È significativo (e dovrebbe risultare sospetto…) che nella maggior parte dei casi il colloquio avvenga non in forma vocale, ma solo attraverso messaggi scritti. Il motivo è semplice: dall’altra parte non c’è nessuna ragazza francese, ma una banda di estorsori! E la “bella ragazza” altro non è che un esca sessuale.

Il fatto che nel profilo sia indicata una laurea conseguita all’università di Bordeaux, per poi andare a fare la fioraia a Marsiglia potrebbe insospettire, ma quando addirittura dopo poche battute in chat ti chiedono di fare sesso virtuale, lo scopo dovrebbe diventare evidente a chiunque.

Ci sono poi altri elementari accorgimenti per non rimanere vittima della truffa del sextortion:

  • evitare di dare “amicizia” a persone che non si conoscono. Il fatto che qualche nostro contatto compaia nella lista delle “amicizie in comune” non significa nulla: potrebbe esserci cascato anche lui. E noi potremmo, accettando l’amicizia, indurre in errore qualche altro nostro amico;
  • verificare (attraverso Google, sezione Immagini) la foto (probabilmente rubata) dell’avvenente signorina che ci ha contattato: Google ci proporrà una serie di volti e di link associati alla sua foto, da cui probabilmente vedremo che quella foto appartiene a tutt’altra persona;
  • come ci ripetevano sempre le nostre mamme: “non accettare le caramelle dagli sconosciuti”. Nel caso della truffa del sextortion: diffidiamo sempre dai contatti sconosciuti.

Sextortion: l’attacco attraverso le e-mail

Un nuovo tipo di sextortion molto più diffuso e aggressivo è apparso a partire dall’estate del 2018 ed ancora oggi continua a manifestarsi ad ondate successive, in varianti diverse ma sostanzialmente simili.

La prima ondata si è registrata a luglio 2018 ed ha avuto tale diffusione da meritarsi un articolo (con lancio addirittura in prima pagina) sul Corriere della Sera del 25 luglio 2018.

Il porno ricatto veniva fatto con una e-mail che diceva sostanzialmente: “Ho violato il tuo computer, ti ho ripreso mentre andavi sui siti porno ed ora voglio soldi per non pubblicare il filmato”.

Ne tratto in dettaglio in questo mio articolo: “Continuano i “porno ricatti” via mail“.

Per maggiori approfondimenti sul fenomeno della Sextorsion, rimando invece all’articolo Sextortion, la truffa del ricatto sessuale sul Web: di cosa si tratta e come difendersi, scritto per CYBERSECURITY360, la testata del Network Digital 360 specializzata nella Cybersecurity, con la quale collaboro sin dalla sua nascita.


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