Il Diritto all’Oblio nell’era di Internet

I diritti di controllo dell’interessato nel Regolamento Europeo Privacy 679/2016

a cura dell’Avv. Francesco Amato (consulente in materia privacy, diritto delle nuove tecnologie informatiche e diritto dei consumatori)

Il nuovo Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio è relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. Esso abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) da cui era disceso il D.Lgs. 196/2003.

Il presente Regolamento ha confermato, se pur ce ne fosse ancora bisogno, il diritto da parte dell’interessato a controllare il trattamento dei propri dati personali (cfr. art. 10-art.22 Regolamento UE 2016/79). Tra i diritti più interessanti, di rango costituzionale, già oggetto in questi ultimi anni di diversi provvedimenti della giurisprudenza, europea, anche italiana, vi è il diritto all’oblio, adesso codificato nel regolamento europeo 679/2016, all’articolo 17: ”l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti: a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati; b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, par.1 lett.a reg. 679/2016(consenso al trattamento per specifiche finalità), o all’art. 9, par.2, lett.a (consenso scritto per il trattamento di alcuni dati specifici- i c.d. dati sensibili ) e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento; c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21 par. 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’art. 21, par. 2; d) i dati personali sono stati trattati illecitamente ; e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o dello stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento; f) i dati sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione”.

Solo con la sussistenza di tali situazioni codificate vi sarà la possibilità di esercitare tale diritto fondatamente. Il diritto all’oblio è dunque il diritto ad essere dimenticato, è il diritto che notizie inerenti la propria persona, riferentisi a fatti di cronaca, risalenti ormai nel tempo, non vengano più ricordate. Un diritto, (alla conservazione dell’attualità della propria identità “digitale” – Cfr. Cassazione Civ sent. 5525/12), la cui esigenza di tutela è cresciuta in maniera direttamente proporzionale allo sviluppo di Internet.

Particolare attenzione merita il rapporto del diritto all’oblio con il diritto di cronaca. I più importanti motori di ricerca “pescano” le notizie dagli archivi online delle testate giornalistiche o addirittura dalle stesse riviste on line e di fatto tali articoli finiscono sulla bacheca pubblica di qualsivoglia internauta.

È un diritto che però, sia nel periodo di vigenza del Dlgs. 196/2003 che con l’odierno Regolamento Europeo 679/2016, (prossima entrata in vigore in data 25 maggio 2018), deve fare i conti con il diritto di cronaca (Dlgs. 196/2003), diritto all’informazione (Regolamento Europeo 679/2016 art. 17 lett. A 2° comma), dovendosi tali diritti necessariamente bilanciarsi.

Proprio in tale ottica, cercando appunto un punto di equilibrio, è intervenuta in passato la Giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione. Sono stati fissati tre parametri in merito alla notizia: 1)verità (verità della notizia); 2)pertinenza – interesse pubblico (interesse pubblico della collettività alla notizia); 3)continenza (una notizia deve essere mantenuta entro certi limiti ed obiettiva).

Tenuto conto di tali parametri anche l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali è intervenuta a dirimere alcune controversie in merito (cfr. per approfondimenti il Provvedimento del 18 dicembre 2014 n.3736353 emesso dal Garante per la Protezione dei dati personali, proprio per un caso riguardante Google ed il diritto all’oblio). Se, come nel caso di tale ultimo provvedimento, la notizia possiede i requisiti codificati dalla Suprema Corte, alcun diritto all’oblio potrà essere fatto valere da parte dell’interessato.

Nel caso in cui, invece, fosse fondata la pretesa dell’istante, o meglio fosse esistente il suo diritto all’oblio, l’art 17 del Regolamento Europeo 679/2016 statuisce che il titolare del trattamento sarà obbligato a cancellarli, tenuto conto delle tecnologie disponibili e nei limiti di costi di attuazione. Dovrà cancellare ovviamente qualsiasi dato personale o collegamento allo stesso (link, copie etc). La richiesta di cancellazione potrà esser fatta valere direttamente all’editore oppure al motore di ricerca.

Esperienza personale dello scrivente porta a seguire una strada meno invasiva possibile ovvero conflittuale, al fine appunto di contemperare i due diritti sopracitati. Quella della cosiddetta procedura di anonimizzazione che prevede l’obiettivo di preservare l’integrità dell’archivio giornalistico on line,chiedendo all’editore di attivare solamente un procedimento interno mediante l’utilizzo di file Robot che impedisca ai motori di ricerca di “ pescare” la notizia in questione, de-indicizzando l’articolo in questione. L’articolo sarà quindi leggibile solo accedendo sull’archivio online della testata giornalistica.

In tal modo non si lede il diritto di cronaca, ed allo stesso tempo si evita che la notizia rimanga nella pubblica disponibilità di chiunque.

Una soluzione di compromesso, deflattiva dei contenziosi e, a parere di chi scrive, sattisfattiva per entrambe le parti.

Avv. Francesco Amato

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